Liquid Grounds
Esposizione
Da 08 Maggio a 30 Giugno 2025
Dal 08/05 al 30/06/2025
Orari di apertura il lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica dalle 14 alle 18.
Dal 01/07 al 24/08/2025
Orari di apertura il lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica dalle 14 alle 19.
Da una prospettiva femminista che intreccia la dimensione geologica e politica, collettiva e individuale, se non addirittura personale, questa mostra di Saodat Ismailova ed Elena Mazzi interroga il "suolo liquido".
Concepito come una dichiarazione d’amore rivolta al filosofo tedesco, il testo è ricco di esortazioni, tra cui quella che dà il titolo alla mostra: “Ricordati della terra liquida”. Nel tentativo di una (ri)conciliazione filosofica di Nietzsche con l’acqua – elemento la cui assenza nell’opera Irigaray sottolinea – e, per estensione simbolica, con il femminile, l’autore gli suggerisce e ci suggerisce di ricordare il nostro passato di creature acquatiche, lo stato essenziale di “corpo d’acqua” che accomuna gli esseri umani e tutti gli esseri viventi del pianeta.
Termine del vocabolario della geologia, che designa qualsiasi tipo di massa d'acqua, dall'oceano al lago, dal fiume alla pozzanghera, "massa d'acqua" (o "corpi idrici") è stato trasformato in un concetto fondamentale del cosiddetto movimento "idrofemminista" dalla teorica Astrida Neimanis nel suo saggio del 2019 Corpi d'acqua. Fenomenologia femminista postumana. Qui Neimanis ci invita a considerare il corpo umano come un elemento inscindibile dal mondo naturale e, attraverso la sua stessa costituzione acquosa, in continuità con tutti gli altri esseri viventi.
Questa continuità tra esseri umani, esseri viventi e acqua è particolarmente presente nelle opere di Saodat Ismailova (1981-), artista e regista uzbeka che lavora all'intersezione tra documentario e finzione. Per Liquid Grounds presenta l'installazione audiovisiva Stains of Oxus, prodotta da Le Fresnoy nel 2016.
L'opera racconta la storia del rapporto tra il fiume Amu Darya, una delle linfa vitale dell'Asia centrale, anticamente noto come Oxus, e le comunità che vivono lungo le sue rive. Scorrendo tra il lago Bulunkul in Tagikistan e il lago d'Aral nel Karakalpakstan, il fiume è teatro di un rituale mattutino comune tra gli abitanti dei diversi villaggi, che consiste nel sussurrare i propri sogni all'acqua. Il fiume diventa così non solo un archivio vivo di storie, identità e resilienza collettiva, ma anche e soprattutto un vero e proprio “corpo d’acqua” collettivo: ripercorrendo i propri sogni e i propri destini, le persone che incontriamo diventano un tutt’uno con Oxus.
In occasione di Liquid Grounds, l'artista italiana Elena Mazzi (1984-) presenta un corpus di sculture e un'installazione fotografica, rispettivamente intitolate Becoming and Unbecoming With (2018-2020) e Autoritratto con zaino-balena (2018). Le opere nascono dall'esperienza personale dell'artista, segnata da un incidente durante un tuffo da una scogliera, che gli provocò la rottura di diverse vertebre, e da un periodo di sedentarietà forzata. Sentendo l'esigenza di creare una nuova connessione tra il suo corpo e il paesaggio marino, Elena Mazzi intraprese un lungo viaggio in Islanda, stabilendosi in un fiordo.
Il dialogo che si instaura tra le opere delle due artiste è quello di due prospettive geograficamente (e geologicamente) distanti, ma vicine nel loro modo comune e femminista di parlare dell'ambiente e dell'umanità.
L'obiettivo ultimo di Liquid Grounds è dunque, sia nelle opere e nei discorsi che espone e sviluppa, sia nei suoi presupposti curatoriali, presentare una doppia narrazione di trasformazione e mescolanza. O, per dirla meglio, la liquefazione dell'individuo nel collettivo, del corpo nello spazio, del sé nell'altro da sé.